LA GRAFIA DI ANTONIA POZZI

31.05.2013 09:42
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Antonia Pozzi era una persona modesta, riflessiva, con dei momenti di grande tormento. Una donna però nel complesso equilibrata sia nel rapporto con se stessa che con gli altri. Era precisa, ordinata nelle sue cose, con un forte senso di realtà. Spirituale e materiale nel modo giusto, forse a volte peccava di con un’alta considerazione di sé. Si rapportava alla realtà in maniera semplice, in ascolto delle cose e dando spazio anche all’altro.
 
Questo e altro ho potuto notare interpretando la sua grafia.
 
Voleva sapere di più di lei e ho cercato con i miei mezzi di farlo.
 
Di lei mi ha sempre colpito la ricerca della libertà e di senso attraverso la sua poesia. La ricerca del suo essere donna attraverso quest’arte. Opere malinconiche, dolorose ma anche poesie allegre e piene di speranza. Devo proprio essere sincera la sua arte mi ha affascinato da subito.
 
Il suo continuo ricercare senso, i suoi pensieri profondi mi hanno colpito profondamente.
 
Ma chi è Antonia Pozzi?
 
Leggo su di lei e scopro che nasce da una ricca famiglia, ha la possibilità di fare una vita agiata, studiare, frequentare ambienti altolocati e di intellettuali. Ha una passione per sport e fa molti viaggi all’estero.
 
La sua vita ha una svolta quando si innamora del suo professore di greco al liceo Antonio Cervi con il quale avrà una storia d’amore molto intensa. Non sappiamo se solo platonica, le fonti storiche sono discordanti, quello che è certo è che segnerà profondamente Antonia.
 
Mi interesso a lei, visito il sito dedicato e vi ritrovo altri elementi della sua vita (www.antoniapozzi.it)
 
“…. vita intreccerà anche molte altre relazioni significative come quelle del liceo con Lucia Bozzi ed Elvira Gandini le sorelle elettive, incomincia a dedicarsi con assiduità alla poesia.
 
Come si trova scritto nella sua biografia nel sito ufficiale:
 
Nel 1930 Antonia entra all’Università nella facoltà di lettere e filosofia; vi trova maestri illustri e nuove grandi amicizie: Vittorio Sereni, Remo Cantoni, Dino Formaggio, per citarne alcune; frequentando il Corso di Estetica, tenuto da Antonio Banfi, decide di laurearsi con lui e prepara la tesi sulla formazione letteraria di Flaubert, laureandosi con lode il 19 novembre 1935. In tutti questi anni di liceo e di università Antonia sembra condurre una vita normalissima, almeno per una giovane come lei, di rango alto-borghese, colta, piena di curiosità intelligente, desta ad ogni emozione che il bello o il tragico o l’umile suscitano nel suo spirito: l’amore per la montagna, coltivato fin dal 1918, quando ha incominciato a trascorrere le vacanze a Pasturo, paesino ai piedi della Grigna, la conduce spesso sulle rocce alpine, dove si avventura in molte passeggiate e anche in qualche scalata, vivendo esperienze intensissime, che si traducono in poesia o in pagine di prosa che mettono i brividi, per lo splendore della narrazione e delle immagini; nel 1931 è in Inghilterra, ufficialmente per apprendere bene l’inglese, mentre, vi è stata quasi costretta dal padre, che intendeva così allontanarla da Cervi; nel 1934 compie una crociera, visitando la Sicilia, la Grecia, l’Africa mediterranea e scoprendo, così, da vicino, quel mondo di civiltà tanto amato e studiato dal suo professore e il mondo ancora non condizionato dalla civiltà europea, dove la primitività fa rima, per lei, con umanità; fra il 1935 e il 1937 è in Austria e in Germania, per approfondire la conoscenza della lingua e della letteratura tedesca, che ha imparato ad amare all’Università, seguendo le lezioni di Vincenzo Errante, lingua che tanto l’affascina e che la porta a tradurre in italiano alcuni capitoli di “Lampioon”, di M. Hausmann. Intanto è divenuta “maestra” in fotografia: non tanto per un desiderio di apprenderne la tecnica, aridamente, quanto perché le cose, le persone, la natura hanno un loro sentimento nascosto che l’obiettivo deve cercare di cogliere, per dar loro quell’eternità che la realtà effimera del tempo non lascia neppure intravedere. Si vanno così componendo i suoi album, vere pagine di poesia in immagini. Questa normalità, si diceva, è, però, solamente parvenza. In realtà Antonia Pozzi vive dentro di sé un incessante dramma esistenziale, che nessuna attività riesce a placare: né l’insegnamento presso l’Istituto Tecnico Schiaparelli, iniziato nel ‘37 e ripreso nel ’38; né l’impegno sociale a favore dei poveri, in compagnia dell’amica Lucia; né il progetto di un romanzo sulla storia della Lombardia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento; né la poesia, che rimane, con la fotografia, il luogo più vero della sua vocazione artistica. La mancanza di una fede, rispetto alla quale Antonia, pur avendo uno spirito profondamente religioso, rimase sempre sulla soglia, contribuisce all’epilogo: è il 3 dicembre del 1938”
 
Leggo questo e altro e poi mi capita una poesia con la sua grafia. Decido di interpretare la sua scrittura. Guardandola mi sono appuntata alcune riflessioni emerse dall’interpretazione.
 
Noto che Antonia era una persona realistica, moderata, non anelava ad apparire. Aveva una scrittura chiara e armoniosa indice di spontaneità, sincerità e chiarezza verso gli altri. Leggermente tendente verso destra indice che era portata verso il prossimo, tendenzialmente ottimista, alla ricerca di comprensione, un po’ di vanità.
 
Antonia ha dei tratti particolarmente rotondi indice di altruismo e predisposizione verso il prossimo. Nonostante questi però la scrittura risulta comunque essere piccola e con tratti spigolosi indice di una grande intelligenza capacità di analisi autoanalisi e riflessione.
 
Dall’ampiezza del margine sinistro scopro che aveva un rapporto equilibrato con il passato, nel senso che quello che c’era stato non era troppo invasivo nel suo presente.
 
Tra le parole c’è spazio e questo è indice di autocontrollo e riflessione prima di agire. Anche alcune lettere sono distanti tra loro e questo a dimostrare che Antonia dava spazio all’altro e non era egocentricamente solo centrata su se stessa.
 
Ha dei marcati allunghi superiori che mi fanno pensare fosse una persona spirituale che viveva pienamente nel mondo delle idee e dell’ideale.
 
Accentuati anche gli allunghi inferiori espressione di un alto grado di tensione sensuale libidica e della propensione a liberare le tendenze irrazionali dell’es. Non siamo però in presenza di eccessi istintuali ma di una normale propensione alla materialità.
 
Studio ancora e vedo che Antonia scrive con una piccola distanza tra le righe il che è indice che era preoccupata dal bisogno di manifestarsi nella realtà ovvero di marcare il proprio territorio personalizzando l’ambiente in cui viveva.
 
I suoi accessori nella lettera t hanno una posizione bassa che significa accettazione del proprio ruolo modestia e concretezza.
 
Dalla modalità della scrivente di marcare certi tratti si denota in lei un attaccamento importante alla realtà. La sua scrittura inoltre ha un medio sviluppo letterale indice di normale bisogno di distinzione. Immediata nell’affrontate i fatti della vita era una persona semplice e naturale
 
Si evince anche che era precisa ordinata anche se talvolta c’è una variazione di alcuni tratti spia di una personalità intimamente contrastata che passa da momenti di impeto fiducioso a d improvvisi ritorni sui proprio passi.
 
La scrivente presenta un’alta aperità tra i righi che indica fragilità del soggetto, dimostra che era facile preda degli stimoli emotivi interni ed esterni.
 
Il rigo è tendenzialmente parallelo indice di concretezza, equilibro del procedere della vita, capacità di autoregolazione di pianificazione di mantener fede ai propositi e agli impegni assunti.
 
Per quanto riguarda la vezione basso diretta dei tratti finali direi che ha un valore medio indice che la scrivente sente la necessità ogni tanto di ritrovare equilibrio dando sfogo agli istinti.
 
Forse si potrebbero dire ancora altre cose ma mi basta. Sento di averla conosciuto un pochino di più e adesso mi approccerò in modo ancora più intenso alla sua opera.
 
Una ragazza di un’intelligenza superiore però modesta e pacata, con forti tormenti ma tendente comunque all’equilibrio. Invidio profondamente chi l’ha conosciuta e ha potuto avere una relazione con lei.